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Omelia del Giovedì Santo

Con questa celebrazione della messa del Giovedì Santo, la Messa in Coena Domini, la chiesa contempla il grande dono della Eucarestia. La liturgia di oggi, in tempi normali, si sarebbe conclusa con la adorazione solenne della Eucarestia, con la esposizione e la deposizione nel Sepolcro, che non vuol dire come comunemente si pensa la tomba di Gesù; nella sua concezione antica il sepolcro è ciò che custodisce qualcosa di molto prezioso. Questo dono grande della Eucarestia è il dono che la chiesa oggi riceve, nella vigilia della passione di Gesù.

In questa celebrazione avvengono due passaggi importanti. Il primo è il passaggio da un rito antico alla attualità. La pasqua che Gesù celebra con i suoi apostoli nella tradizione ebraica ricordava nei simboli, nelle preghiere e nelle parole un fatto avvenuto nel passato, un fatto che ha segnato uno dei passaggi più belli e importanti della storia del popolo ebreo: come Dio ha strappato questo popolo dalla schiavitù dell’Egitto, come lo ha portato per mano verso la terra promessa. E i segni di questa salvezza sono il pane azzimo, il pane non lievitato che hanno portato nella fuga nel deserto e il sangue di quell’agnello che segnato sulle porte delle loro case li ha liberati dalla morte. Ogni anno gli ebrei si ritrovano e anche Gesù ogni anno celebrava la pasqua con i suoi apostoli ricordando questo fatto. E ricordavano le parole antiche e le storie di questa vicenda, e così lodavano Dio che aveva strappato il popolo dalla schiavitù.

Gesù trasforma questo rito antico in qualcosa che accade ora. Non soltanto, ma in qualcosa che si rinnova continuamente. “Questo sangue, non è il sangue di quell’agnello, è il sangue che io verserò per voi. Questo pane non è il pane che ricorda quel cammino nel deserto, questo pane è il mio corpo che verrà spezzato, sbriciolato per voi”. Ciò che gli apostoli con l’aiuto dello Spirito ricorderanno dopo la Pentecoste quando rivedranno lo sconvolgimento di questi giorni, lo sbandamento, lo stupore, l’amarezza, la paura, ricorderanno quel gesto, ricorderanno quelle parole.

Ma questo rito non soltanto diventa attuale ma va nella storia fino alla fine del tempo. “Fate questo in memoria di me”: ogni volta che voi farete questo io sarò presente. Ecco il dono della Eucarestia, che merita davvero tutta la lode del popolo cristiano: il dono della Eucarestia.

Ma c’è un secondo passaggio che avviene in questa celebrazione del Giovedì Santo, in questo brano del Vangelo: è quello dal rito alla vita. Non possiamo fare quest’anno la lavanda dei piedi ma la immaginiamo. Dal rito alla vita, perché non si può ridurre tutto a qualcosa che si consuma nella liturgia, anche se attualizza continuamente il mistero. “Avete visto cosa ho fatto? Vi ho lavato i piedi”: è una cosa che facevano gli schiavi. Pietro nella sua generosità non voleva “ma non esiste che tu mi lavi i piedi a me, ma non succederà mai”.

“Come ho fatto io dovete fare anche voi”: la bellezza di questa eucarestia “fate questo in memoria di me” non vuol dire soltanto celebrate come noi facciamo ogni domenica, ogni giorno l’eucarestia che mi rende presente sull’altare, ma “amatevi come io vi ho amati” in memoria di me.

E ci ricordava molto bene il grande vescovo don Tonino Bello – don Holin oggi ha condiviso con noi questo bel passaggio del suo scritto – che l’unico paramento liturgico che in tutto il Vangelo Gesù usa è il grembiule, il grembiule. Che solennità in quel grembiule! Che messa, che Eucarestia, quella che celebriamo quando ci mettiamo il grembiule e laviamo i piedi gli uni agli altri, e ci doniamo agli altri. “ogni volta che fate questo, fatelo in memoria di me”, “ogni volta che l’avete fatto a uno solo, l’avete fatto a me”: ecco il grande dono dell’Eucarestia che non è solo il sacramento dell’altare, che noi adoriamo e lodiamo, ma l’Eucarestia che è anche un amore della vita, della vita di ogni giorno, un mettersi tutti il nostro grembiule e trovare la gioia di servire gli altri. Non c’è niente più bello nella vita che amare gli altri, non c’è gioia più bella della vita che fare qualcosa di bello per gli altri. “Ogni volta che lo fate, fatelo in memoria di me”: e noi non vogliamo perdere mai questa memoria, vogliamo che essa scaldi ogni giorno della nostra vita, il nostro cammino fino a quando questa gioia esploderà immensa, inimmaginabile quando saremo al cospetto di Dio nella gioia del cielo.