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Omelia del venerdì dell'Ottava di Pasqua

È lo Spirito Santo che accompagna e sostiene la chiesa nascente, è lo Spirito Santo che dà a Pietro e agli altri apostoli la forza di annunciare il Vangelo nella Gerusalemme piena di gente e anche la chiarezza, la profondità con la quale annunciare il Vangelo. La gente si converte, la gente li ascolta, chiede di cambiare la vita; “… cosa dobbiamo fare?” chiedono agli apostoli coloro che li ascoltano.

La forza dello Spirito dà anche agli apostoli la stessa capacità di Gesù di guarire i malati: lo storpio sulla porta del tempio “… alzati, ti diamo quello che abbiamo, nel nome di Gesù alzati, cammina. E questo provoca il primo scontro fra le autorità religiose – le stesse che poche settimane prima avevano deciso la morte di Gesù – e gli apostoli.

E Pietro e Giovanni sperimentano per la prima volta la prigione, la persecuzione. Tutti gli apostoli moriranno nelle persecuzioni, tutti gli apostoli daranno la vita per Gesù. Giovanni – quello che Gesù amava – come si chiama nel Vangelo, morirà per ultimo in esilio nella piccola isola di Patmos vicino alla Turchia.

La forza della testimonianza chiede anche la disponibilità al sacrificio, a qualcuno ancora oggi purtroppo il sacrificio del martirio; in alcuni paesi del mondo siamo ancora imprigionati e uccisi perché cristiani. Ma a tutti chiede il martirio della testimonianza, mettersi in gioco, metterci la faccia, parlare di Gesù ed entrare come cristiani nei rapporti con gli altri, anche se questo a volte ci può costare qualcosa, qualche emarginazione, subire qualche banalizzazione. La forza della testimonianza.

E il vangelo ci racconta la terza volta che Gesù appare ai discepoli dopo la resurrezione. Una bella scena di vita: Pietro con alcuni apostoli vanno a pescare. È quello che facevano prima di andare dietro a Gesù e, come a volte succede, non prendono niente. “Gettate dalla parte destra la rete” e si accorgono che era Gesù. È sempre Giovanni che lo riconosce, “quello che Gesù amava” disse a Pietro “è il Signore” perché l’amore è ciò che ci rende più capaci di riconoscere Gesù nei fratelli. Non è l’intelligenza, la sapienza, non sono quelle cose … Gesù ci può passare accanto e non ce ne possiamo neanche accorgere, ma chi ha il cuore che ama lo sente, lo vede “è il Signore”.

E quando si ascolta la sua parola si ha l’abbondanza: la rete non si rompe ma era strapiena di pesci. Spendere la vita sulla parola di Gesù vuol dire non buttare via la vita, vuol dire trovare il senso bello della vita.

E poi questa comunione conclusiva, questa cena insieme, questo stare insieme: speriamo di poter riprendere presto anche noi – lo diceva il Papa stamani – questa dimensione comunitaria dell’essere cristiani, del trovarci insieme, perché questo ci fa crescere nell’amore fra noi e nell’amore con Dio.

Tutto nasce dal saper riconoscere Gesù risorto che si rende presente nella nostra vita e che con la sua parola ci aiuta a spendere bene la nostra vita ed a trovare abbondanza, armonia e pace nella nostra vita.