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Omelia della Liturgia del Venerdì Santo

La liturgia del Venerdì Santo ci chiama a rivivere questo avvenimento impensabile: la morte di Gesù. È facile immaginare e comprendere lo sconcerto dei suoi Apostoli, della gente che lo aveva sentito parlare, di questo spirito bello che portava quando attraversava i villaggi e le città, la sua compassione per i poveri, per gli ammalati. Facevano giustamente pensare una conclusione diversa della sua storia umana e invece sembra davvero accanirsi contro di lui tutto il male della storia. Quello che Gesù aveva anticipato trasformando la Pasqua ebraica nel Giovedì Santo, nel rito della sua Pasqua, si era verificato: il corpo spezzato, il sangue versato.

E ascoltando la passione di Gesù e iniziando questa celebrazione con quel gesto semplice della prostrazione in terra, ci viene da pensare a quanto purtroppo ancora oggi questa storia continua. L’umanità non è ancora sazia del sangue di Cristo!

Questo giorno ci chiama a guardare con occhi attenti tutta la sofferenza dell’umanità. L’attuale pandemia che mette a dura prova tutte le nazioni del mondo non deve farci dimenticare ciò che sta avvenendo nel nostro mondo: quanti crocifissi, innocenti, fuori di Gerusalemme, quanti crocifissi sull’altare del profitto, degli interessi, quanti crocifissi per le guerre. Il nostro paese l’Italia è uno dei maggiori produttori ed esportatori di armi nel mondo.

Quanti crocifissi che fuggono da paesi in guerra, dalla fame e si ammassano come bestie ai confini del nostro mondo. Quanti crocifissi nelle periferie delle nostre città, dei nostri paesi. La crisi di queste settimane ci ha fatto accorgere di quanta povertà, quanta fragilità è vicino a noi.

E noi siamo qui dopo duemila anni a ripetere l’amarezza di questa morte di un Dio non tanto e non soltanto per quello che è accaduto duemila anni fa, ma direi soprattutto per quello che accade oggi. C’è tanta vergogna in questo giorno nella umanità, c’è tanta vergogna anche in noi cristiani: in duemila anni di cristianesimo non abbiamo aggredito queste morti innocenti che ancora umiliano il nostro tempo.

E il Signore ci insegna che passa da lì la nostra salvezza. Tra poco, dopo la preghiera universale, faremo il gesto della adorazione della croce. Solo Gesù poteva trasformare uno strumento di tortura in un segno di gloria, di salvezza.

Salire sulla nostra croce dell’amore per gli altri, liberarci dalla schiavitù dell’egoismo, della violenza, del profitto per poter essere anche noi questa benedizione di Dio che salva continuamente il mondo. Se noi saremo capaci di salire con lui sulla croce avremo meno vergogna di questo giorno, avremo meno vergogna dei tanti crocifissi che ancora muoiono vicini o lontani dalle nostre città.